NEL MONDO UN NUOVO CASO DI DEMENZA OGNI 3,2 SECONDI

Il 21 settembre, per la ventisettesima volta, il mondo celebra la Giornata Mondiale dell’Alzheimer, richiamando l’attenzione di tutti su di un argomento di crescente attualità.

Il Rapporto Mondiale Alzheimer 2019 riferisce che nel mondo ci sono 46,8 milioni di persone affette da una forma di demenza. Nel 2010 se ne stimavano 35 milioni. Queste cifre paiono destinate quasi a raddoppiare ogni 20 anni. I nuovi casi di demenza sono ogni anno oltre 9,9 milioni, vale a dire un nuovo caso ogni 3,2 secondi. Secondo le previsioni, il numero delle persone con demenza potrebbe raggiungere 152 milioni nel 2050.

In Italia si stima che la demenza abbia colpito attualmente 1.241.000 persone: diventeranno 1.609.000 nel 2030 e 2.272.000 nel 2050.

Quest’anno, la riflessione tocca ulteriori aspetti di complessità: per le persone affette da Alzheimer (o da qualche altra forma di decadimento cognitivo) e per i loro familiari, l’emergenza sanitaria causata dal Corona virus, infatti, è stata molto faticosa e difficile da affrontare. La quotidianità è bruscamente cambiata: attività importanti per il rallentamento del processo di decadimento si sono dovute interrompere e coloro che partecipavano si sono confrontati con il rischio o con la realtà dell’isolamento.

Un elemento ulteriore di sofferenza e disorientamento che centri specializzati come la Palestra della Mente gestita da Anteo e da AIMA (Associazione Italiana Malattia di Alzheimer) Biella, nell’ambito di Mente Locale, a Biella, hanno lenito attraverso interventi e attività straordinarie, a sostegno degli utenti e dei loro familiari. Abbiamo infatti organizzato appuntamenti on line e servizi di supporto individualizzato ed è stata nostra cura riavviare le attività non appena possibile, nel pieno rispetto delle disposizioni a tutela della salute.

CURARE CON LA STIMOLAZIONE COGNITIVA

Ancora non si conoscono con esattezza le cause di questa malattia. Attualmente non è guaribile, ma è curabile: per questo, è importante una diagnosi il più possibile precisa e precoce.

Pensare a come agire significa innanzitutto tenere presente la pervasività che caratterizza questa patologia. La malattia di Alzheimer, infatti, viene chiamata malattia della famiglia, non perché sia ereditaria ma perché coinvolge tutto il nucleo famigliare. Il caregiver viene assorbito dall’assistenza e dal sostegno da offrire al proprio caro; l’emozioni diventano confuse, ingarbugliate e invadono l’intera vita dei componenti della famiglia che stanno accanto al malato.

Le azioni di cura che sono state individuate da numerosi studi e che vengono proposte in diversi contesti di cura prevedono una serie di interventi psicosociali.

La stimolazione cognitiva, in particolare, ricopre un ruolo importante sia nell’ambito della prevenzione sia nelle situazioni di decadimento lieve-moderato, in quanto consente di esercitare le abilità cognitive che la malattia ha risparmiato. Lo scopo è quello di contrastare il declino cognitivo e di favorire i meccanismi di compensazione.

Anteo ci crede fin dal 2013, anno in cui ha avviato una proficua collaborazione con AIMA Biella e ha cominciato a sviluppare attività riconducibili alle terapie non farmacologiche focalizzate sulla dimensione cognitiva e relazionale, in raccordo crescente con il Centro della Memoria dell’ASL di Biella. Da allora, il nostro gruppo di lavoro ha preso in carico più di 400 persone.

MAI SOLI (L’IMPORTANZA DELLA RELAZIONE)

Un ulteriore aspetto fondamentale per rallentare il decadimento cognitivo è la socializzazione: è positivo coltivare molte relazioni e cercare di non isolarsi. Tutte le persone hanno il bisogno di comunicare, di essere ascoltati; ciò vale anche per le persone con decadimento cognitivo.

Nelle fasi iniziali, la comunicazione verbale è ancora conservata, mentre, man mano che avanza la malattia, il linguaggio verbale lascia il posto alla  comunicazione non verbale, ai gesti, agli sguardi, al tono della voce e ai sorrisi. Molto possono quindi fare coloro che stanno accanto ai malati, anche in veste di amici e conoscenti, per non infliggere ulteriori sofferenze e per diventare alleati e compagni preziosi.

Cary Smith Henderson, nel suo libro Visione parziale. Un diario dell’Alzheimer, descrive con efficace la sua esperienza diretta in merito: “E un’altra cosa che fa impazzire è che nessuno più vuole veramente parlare con noi. Forse ci temono, non sono sicuro che sia proprio questo, penso di sì, ma posso assicurare tutti: certamente l’Alzheimer non è contagioso”.

Infondono fiducia e invitano alla cura più autentica e sempre possibile le parole del professor Marco Trabucchi, direttore scientifico del Gruppo di Ricerca Geriatrica di Brescia e presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria: “l’Alzheimer non cancella la vita”. Oltre e nonostante la patologia, quindi, che al centro rimanga sempre la persona. E noi. Accanto.