PICCOLA NOTA DI METODO

Anteo è l’insieme delle persone che ogni giorno lavorano per far funzionare al meglio i servizi rivolti a persone che vivono varie forme di fragilità. In questo spazio, incontriamo storie, esperienze di lavoro e quindi di vita, che alcuni Colleghi generosamente mettono in comune con tutti noi. Questi testi nascono da interviste condotte secondo una postura narrativa: in primo piano, il sentire dell’intervistato, scelte ed emozioni, episodi significativi, riflessioni dall’interno di un ruolo che è sempre ben più di un abito che avvolge un corpo. Non troverete un’alternanza fra domande e risposte: le domande sono semplici stimoli che si sciolgono nel racconto dell’intervistato, nella compiutezza che esso restituisce. Siamo dunque a leggere le tracce permanenti che ha lasciato ogni incontro di intervista, ogni intreccio di sguardi accaduto in uno spazio e in un tempo definiti.

#intervistandoanteo n°13 “Intervista a Cecilia, ospite RSA”

La libertà, le passeggiate, la musica, Beatrice e Valeria

Vita quotidiana di Cecilia, Ospite della Casa di Riposo “Pozzo Ametis” di Occhieppo Superiore (BI)

“Mi piaceva, lavorare…”

Sono nata a Brescia, il 2 giugno del 1930. Era un bel paesino. Ci andavamo ancora, una volta, ma poi ci siamo trasferiti a Cossato. Eravamo tre sorelle e un fratello. Sono morti tutti, sono rimasta solo io… Non siamo eterni, sulla Terra siamo di passaggio, poi vediamo dove andiamo… è un mistero!

Nella mia vita ho lavorato. Andavo a fare la commessa in una ferramenta. Avevo 13 anni e sono rimasta lì fino ai 16 anni. Poi è arrivato il boom delle fabbriche e allora mi sono trasferita alla Fila, a Cossato. Ho fatto tanti anni lì, poi mi sono sposata e mi sono trasferita a Vigliano Biellese. Allora c’era, il lavoro, e quindi mi sono spostata in una fabbrica di Vigliano. Mi piaceva, lavorare: andavamo volentieri, dalle 6 alle 2 e dalle 2 alle 10. Sono andata anche dopo che ho avuto mio figlio, perché mia suocera, brava donna, me l’ha tenuto. E adesso mi godo quel poco che ho: avendo lavorato tanti anni ho la possibilità di stare qua.

Il tempo in Casa di Riposo

Sono qui da circa 2 anni: ero rimasta sola e non potevo legare a me mio figlio, che ha la sua famiglia. Ha fatto delle ricerche per scegliere la casa di riposo per me e quando ha visto che qui c’era del verde, mi ha proposto questa. Il personale è bravo e gli ambienti sono puliti. Per quanto riguarda il cibo, non è facile accontentare tutti, ci sono tanti gusti. Io mangio un po’ di tutto: le verdure, l’insalata che mi piace condirla a piacimento, con l’olio e l’aceto a disposizione. Mi trovo bene!

Una volta leggevo tanto, soprattutto romanzi d’amore; andavo in biblioteca a Vigliano a prenderli. Una volta c’era Liala, adesso ci sono scrittori che scrivono ancora meglio. Ora ho smesso di leggere, perché i miei occhi si stancano. Così, prendo la Beatrice e andiamo a spasso: camminiamo, ogni tanto ci sediamo e poi camminiamo ancora. Altre, qui, sono più tranquille, dormono molto, magari sono deboli, stanche. Io invece non sono stanca! La sera fino alle 22.30 non spengo la televisione: guardo programmi spiritosi, allegri, qualcosa che faccia sorridere, i giochi o le zuffe tra i giovani.

Due volte alla settimana facciamo le parole crociate e altri giochi in gruppo, come la tombola. A volte ci colleghiamo con un altro gruppo per fare la tombola, ci mandiamo i saluti, per stare un po’ in compagnia [la Casa di Riposo “Pozzo Ametis” partecipa al progetto Anteo #connessionidicura, per il quale si è “gemellata” con “Villa Margherita”, un gruppo appartamento per persone con patologie psichiatriche; n.d.r.]. Se viene fuori il nostro numero, quando giochiamo a tombola, siamo contente, anche senza regalo: “hai tirato fuori il mio numero, sono stata fortunata!” Non so come la pensano gli altri, io la penso così.

Beatrice

La mia compagna di camera non parla tanto, non c’è tanto dialogo. Con Beatrice, invece, ci facciamo compagnia: è vedova, ha dei nipoti che la chiamano spesso, le vogliono tanto bene. Mi sopporta, lei. Io sono “balurda” [in piemontese, scorbutica, di carattere volubile o difficile], non sono molto “dolce mano”; lo capisco anch’io, a volte mi lascio andare, parlo, mi scappano delle parole, dico quello che penso e che vedo, a volte non è tanto bello.

La giornata la passiamo quasi sempre fuori, quando c’è bel tempo. Beatrice è più vecchia di me, è bella magra. Se i chili crescono, si fatica a camminare: bisogna essere leggeri. Non esco mai da sola, per sicurezza: meglio essere sempre in due. Ieri abbiamo raccolto le margherite, abbiamo fatto i mazzetti da mettere in camera: per me è già una cosa bella. Qui ci lasciano la libertà: sanno che siamo in grado di andare, di valutare se ce la sentiamo o no di passeggiare.

Ogni tanto mi scappa il cervello, la memoria l’ho persa tanto. Ogni tanto chiedo che giorno è, chiedo quali sono le attività, altrimenti non capisco.

Mia cognata mi ha mandato un bel mazzo di fiori finti, questa settimana li ho messo fuori per lavarli con la pioggia, e poi io aggiungo sempre dei fiori freschi che raccolgo quando esco.

Valeria

A casa cantavo, qui ascolto la musica alla radio. E poi Valeria, l’Animatrice, mette anche i dischi dei nostri tempi: mi piace ancora cantare, come quando eravamo giovani.

Valeria è proprio brava: lei arriva dappertutto! Passa e ci chiede come stiamo. Ha un carattere, è fatta per questo lavoro. Accarezza magari uno di noi, quando passa. È tutto quello che aspettiamo, noi: che qualcuno passi a darci un carezza.

L’emozione delle visite

Mio figlio e mia cognata vengono a trovarmi appena possono. A volte anche mia nipote, anche se è impegnata con il lavoro. Mi chiedono sempre se ho bisogno di qualche cosa, ma io non mi faccio portare niente, non mi serve niente di più.

Quando mio figlio è venuto l’ultima volta, siamo andati in chiesa e mi è venuto da piangere per l’emozione! Quando vedo mio figlio, mi si schiarisce tutto!