Investimenti sotto la media europea

Siamo un paese invidiato e studiato per aver scelto una medicina psichiatrica territoriale, lasciandoci alle spalle il caravanserraglio manicomiale e l’istituzionalizzazione della malattia.

Ma siamo anche un paese esortato ad investire di più nella salute mentale, ad avvicinare la media europea che ad oggi solo una regione come l’Emilia Romagna ha raggiunto, assestandosi, le altre regioni, su una media del 3,5%, ad oltre un punto e mezzo dall’Europa.

Solo il 55% del fabbisogno assistenziale trova risposta

Tra crisi economiche ed epidemie, il nuovo millennio ha visto crescere il disagio psichico che incide, come ci ricorda il dott. Fabrizio Starace (ISS), in termini di abnorme richiesta di aiuto a fronte di risorse che si depauperano giorno dopo giorno.

Le persone in contatto con i dipartimenti di salute mentale sono 807.000 e richiedono un’assistenza di oltre 1.200.000 ore al mese. I medici sono in grado di coprire 540.000 ore di assistenza mensili e gli psicologi 137.000 ore. Così, complessivamente, il personale dei dipartimenti di salute mentale è in grado di rispondere a non più del 55% del fabbisogno assistenziale.

Metà della popolazione in carico al sistema sanitario nazionale non riceve, di conseguenze, cure tempestive e adeguate alla gravità del proprio stato di salute.

Diagnosi precoce e sofferenze minori

Su alcune patologie si cerca di individuare segnali prodromici allo sviluppo della malattia al fine di potere arrivare a forme di diagnosi precoce mentre la carenza cronica di personale non permette di farsi carico delle sofferenze minori, fin quando non si appalesino in forme cliniche severe meritevoli di interventi di urgenza.

Sempre più TSO

Nel progressivo depauperamento delle risorse questo sistema ha rinunciato ad individuare nuove strategie per fare fronte ad un aumento delle sofferenze psichiche. Un cortocircuito che trova la sua plastica raffigurazione in un graduale aumento dei Trattamenti Sanitari Obbligatori, la cui proliferazione rappresenta l’esatto contrario di quella medicina psichiatrica di comunità che era alla base della riforma Basaglia.

Aumenta il ricorso agli antidepressivi

Al tempo stesso, come denunciato dal Ministero della Salute, aumenta enormemente il ricorso ad antidepressivi e antipsicotici, quasi a rappresentare l’ultimo argine all’incapacità di porre mano al sistema della salute mentale in Italia, decidendo di invertire il percorso fino ad oggi tracciato.

La solitudine delle famiglie

Non passa anno senza che le più battagliere associazioni di categoria unitamente a quelle dei famigliari dei pazienti non chiedano maggiori risorse, un ripensamento radicale di un sistema che curando sempre meno lascia alle famiglie l’onere di affrontare, in solitudine, la fragilità di un loro familiare.

Gioca ulteriormente a sfavore di tale stato di cose anche l’invecchiamento della popolazione con il corollario di demenze senili, la diffusione sempre più massiccia di sostanze legali ed illegali tra le generazioni più giovani e lo stesso venire meno di un tessuto familiare, sempre più frammentato ed economicamente impoverito e quindi incapace di porre un freno alle derive dolorose di molte esistenze.

Meno farmaci, più relazioni

Non c’è più tempo. Si proceda a rivedere il sistema nel suo complesso a partire dalle figure professionali che dovranno essere impiegate, di fatto già oggi sottostimate rispetto ai bisogni reali. Si abbandoni l’idea folle che il solo farmaco possa sostituire in toto l’ascolto e la relazione terapeutica nella loro capacità di dare un senso al dolore che si ravvisa in un agito o in una parola.

Ci si muova, affinché questa giornata mondiale non diventi esclusiva e momentanea passarella di belle idee e buoni propositi. Come spesso accade nel nostro paese.